Il calcestruzzo, conglomerato cementizio, e il cemento armato, nato dall’accoppiamento tra il conglomerato e le armature metalliche, degradano con varia intensità e velocità dei fenomeni di alterazione, tali da ridurre i valori delle caratteristiche di funzionalità delle opere. Cause della degradazione sono le azioni esterne alle opere, fisiche, chimiche e meccaniche, presenti nell’ambiente: perché il calcestruzzo è un materiale poroso.

Essendo poi un materiale poroso, la permeabilità all’acqua e all’aria è notevole: 10−14 m/s, cosicchè le strutture metalliche del cemento armato possono ossidarsi e formare sottoprodotti della corrosione, di volume da 2 a 6 volte superiore a quello originario, sicuramente creano gravi difetti alla struttura cementizia (fessure, criccature, delaminazione e distacco del copriferro).

Se poi aggiungiamo i fenomeni di carbonatazione (dovuti al comportamento acido della C02 dell’ambiente (con acqua crea l’acido carbonico), è evidente la necessità di proteggere completamente le superfici di calcestruzzo e di cemento armato.

STRUTTURE NUOVE E DEGRADATE

Nelle strutture nuove anche il fenomeno dei “ritiri” è concausa di degrado.
Nelle strutture degradate, invece, sono la natura e l’entità del degrado che bisogna riconoscere essere la causa che lo ha determinato e che suggeriscono il tipo specifico della operazione protettiva.

Tutte le superfici dei materiali naturali, come la pietra leccese, ad esempio, e cementizi, come il calcestruzzo armato, devono essere protette, perché, nel primo caso, la pietra leccese è una roccia calcarea di natura arenaria, composta da carbonato di calcio, da cemento calcitico e argille, con indice di porosità del 24,7%; nel secondo, il calcestruzzo armato con trefoli in acciaio che assorbono le sue tensioni, avendo il coefficiente di dilatazione termica sostanzialmente uguale tra loro, a causa della porosità strutturale, che assorbe acqua e aria dall’ambiente anche se lentamente, ossidano il trefolo metallico – di solito ben aderito alla massa cementizia – manifestando, con varia intensità e velocità, fenomeni di degradazione tali da ridurre le caratteristiche di funzionalità dei manufatti in calcestruzzo.

STRUTTURE NUOVE

Anche la struttura nuova deve essere protetta con una pittura compatibile con i supporti umidi, di elevata capacità impermeabile, di elevata stabilità in ambiente alcalino (come è quello della struttura in cemento armato, con resistenza alla diffusione di CO2 e, ovviamente, di semplicità operativa).

STRUTTURE ESISTENTI

Soprattutto le strutture cementizie, esistenti da tempo, devono essere mantenute con cura per evitare problemi immediati o successivi (vedi ponte Morandi a Genova), che generalmente presentano difetti e imperfezioni da correggere e da impermeabilizzare – attualmente con prodotti vernicianti tecnologicamente più avanzati dei tradizionali a base di poliuretani, acrilici e degli idrorepellenti siliconici, polisilossanici, composti organometallici mono e bicomponenti.

Difetti quali fessurazioni, cavillature, vespai, fori di evaporazione, ferri scoperti, polveri, sali, muschio e altro, accompagnati da fattori esterni di degrado derivanti dall’ambiente:

  • anidride carbonica e solforosa
  • cloruro di sodio, di magnesio e di calcio
  • sostanze organiche, acidi unici, fumi e sali alcalini
  • erosione
  • cicli gelo-disgelo
  • altro.
PREPARAZIONE DEI SUPPORTI

Una preparazione meccanica della superficie cementizia è necessaria per ricevere ogni tipo di pittura:

  • picchettatura e spazzolatura
  • sabbiatura e idrosabbiatura a bassa, media pressione a getto libero
  • idrogetto a bassa, media e alta pressione.
RIVESTIMENTO DEL SUPPORTO

La finitura organica, che oggi può sostituire quella tradizionale a base di silicati organici, di epossidiche, al clorocaucciù, acriliche e polietileniche e polipropileniche, è a base di vernici trasparenti UV, messe a disposizione del mercato, che indurisce – mano unica – con l’irraggiamento solare, completando la sua polimerizzazione e indurimento anche in assenza di luce e nelle ore notturne.
Infatti dopo applicazione il film UV si attiva con la luce ambientale (fotopolimerizzazione) e il completamento dell’indurimento procede anche nelle parti non illuminate.

Il prodotto è frutto della ricerca specifica della docente-ricercatrice Carola Corcione  del dipartimento di ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento di Lecce, industrializzata come Hybrid, idrorepellente per superfici cementizie con struttura interna nanotecnologica.

É un idrorepellente, unico nel suo genere: grazie alla sua struttura nanotecnologica che penetra tra i pori e la massa interna del materiale cementizio – dove alle vernici tradizionali è impossibile penetrare – fissandosi anche permanentemente sulla superficie trattata con la fase nanometrica, sigillando la porosità interna, impedendo all’acqua e all’aria ambiente di penetrare.

Non solo: consolida la superficie del calcestruzzo del 26% circa (56% della pietra leccese ed è efficace su qualsiasi pietra e intonaci.

La vernice trasparente può essere anche pigmentata a seconda della finitura richiesta. Hybrid non contiene solventi, è economica perché contiene il 95% di principi attivi (contro il 6-9% degli idrorepellenti tradizionali).

É uno straordinario prodotto, unico del suo genere, che migliora di gran lunga la durata dei materiali cementizi nel tempo.

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