IL TRIBOLAB DEL POLITECNICO DI BARI

Tutto ciò grazie ai ricercatori e alla strumentazione disponibili nel TriboLAB dello stesso Politecnico di Bari, che fa parte della rete di laboratori Trasforma della stessa università tecnica, finanziati dalla Regione Puglia, il cui scopo è quello di studiare i fenomeni che si verificano nell’interfaccia dei corpi di contatto, come la meccanica ruvida di contatto, l’attrito, l’idrorepellenza, la lubrificazione, altri fenomeni.

SUPERFICI SUPERIDROREPELLENTI

Uno dei primi esempi analizzati da Giuseppe Carbone è quello dell’effetto della pianta del loto, il bellissimo fiore acquatico: la struttura della foglia ha un effetto superficiale di super-idrorepellenza. Il primo scienziato a osservare che l’estrema capacità di idrorepellenza delle foglie del loto erano dovute ad una specie di rugosità superficiale è stato il biologo Wilhelm Barthlott, nel 1997.

Di seguito il fenomeno venne nominato (e registrato) come Lotus Effect. Il fenomeno dell’idrorepellenza è dato dalla microstruttura visibile sulla superficie della foglia, costituita da celle epidermiche (papillae) e cere epicuticulari sovrapposte, per una lunghezza di circa 20 μm. Quali potrebbero essere le applicazioni di una riproduzione di tale proprietà della superficie?

L’approfondimento della ricerca potrebbe portare ad ottenere vernici autopulenti, ad esempio per essere applicate su superfici in vetro (dai parabrezza delle auto alle superfici dei pannelli fotovoltaici). Ma tale principio di superficie nanostrutturata potrebbe essere riprodotto sulle superfici degli scafi di navi e barche, ad esempio, consentendo un enorme miglioramento dell’attrito, con conseguente riduzione dei consumi energetici.

SUPERFICI AD ELEVATA ADESIONE

Altri casi di ispirazione mediati dalla natura per la progettazione di superfici efficienti analizzano la capacità di adesione di alcune superfici nanostrutturate che si trovano sulle zampe di alcuni animali: ne sono esempio la forma di microtubuli con il quale sono rivestite le estremità dello scarabeo – Chrysomelidae –, la “matrice fibrillare” delle zampe della cavalletta verde – Tettigonia viridissima – e la “matrice setale” (da “setae”) delle zampe dei gechi.

Diverse possono essere le applicazioni per superfici così “bio-ispirate”: in particolare l’interesse per l’industria è quello relativo alla capacità di adesione, per esempio, per i materiali bio-medicali oppure per la definizione di strumenti utili qualora occorresse, per motivi di sicurezza o di ispezione, avere robot con la capacità di percorrere tratti in verticale senza l’utilizzo di materiali adesivi.

Le ricerche del gruppo di lavoro condotto dal Professor Giuseppe Carbone hanno recentemente analizzato altre capacità ispirate da comportamenti presenti in natura, ad esempio dagli sciami di uccelli ¬e dagli algoritmi che stanno alla base della loro interazione: questi algoritmi consentono l’ottimizzazione della risoluzione di problemi complessi legati all’organizzazione. In particolare l’algoritmo studiato “imita” il processo decisionale di gruppi umani e sfrutta le dinamiche di tale processo come strumento per risolvere complessi problemi combinatori utilizzando le potenzialità della matematica.

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