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Si deve alle società Chemetall, Chemtec, DN Chemicals e al laboratorio Innovhub, la certezza che le prove accelerate di corrosione, in sole 24 ore, presentino risultati validi di durabilità anticorrosiva di una vernice liquida o in polvere oppure di un ciclo di verniciatura, senza attendere le migliaia di ore necessarie affinché l’esposizione alla nebbia salina porti a termine la propria reazione chimica di attacco corrosivo all’intaglio sulla specifica lastrina.

È con il Metodo Acet (norma ISO 17.463) che si verifica, in un batter d’occhio, la vera resistenza alla corrosione di una vernice applicata con o senza pretrattamento chimico del supporto, con alto o basso spessore.

Con la prova di esposizione alla nebbia salina invece si ottiene solo il tempo di attacco chimico del metallo all’intaglio sulla lastrina e quello di resistenza della vernice adiacente a frenare, come se fosse un muro, lo sviluppo della corrosione sotto pellicolare.

È per questo che sono necessarie ore e ore per disporre di un aspetto accettabile del filo di corrosione all’intaglio, in millimetri.

Con il Metodo Acet, che è proprio il metodo naturale di formazione della corrosione, come essa si forma su ogni tipo di metallo di natura diversa. La reazione che si manifesta non è più chimica ma elettrochimica, in quanto coinvolge gli elettroni che si separano dal metallo e vanno a reagire con umidità e ossigeno, che penetrano sempre attraverso la struttura del film, formando l’ossidazione dei metalli.

Dunque, mentre la prova di resistenza alla nebbia salina è adattata – nasce infatti per controllo della resistenza anticorrosiva dei primi acciai del Novecento con diversa percentuale di carbonio nella struttura ferrosa, poi adattata alle vernici con l’obbligatorietà dell’intaglio, seppur non esista in natura -, quella di resistenza elettrochimica è direttamente proporzionata alla resistenza del film alla penetrazione di acqua e aria fino al metallo, come succede in natura. Acqua e aria infine reagiscono con lo ione metallico (ferro, alluminio e altri materiali non ferrosi) per formare la ruggine o l’ossidazione.

Pertanto il Metodo Acet presenta nell’apposito computer i dati in volt, grazie alla movimentazione elettronica creata dalla dissoluzione naturale del metallo, e in ohm, per la resistività del film in esame a non lasciarsi penetrare da acqua e aria.

Come si interpretano allora i dati?

Se il voltaggio è negativo (si ricordi che il ferro ha una dissoluzione naturale di -0,44V) significa che la vernice non frena gli elettroni di dissoluzione del metallo. Se il voltaggio risulta positivo, significa che il metallo ha bloccato la dissoluzione naturale da parte della vernice.

D’altra parte se gli ohm indicati superano i 106 (bassa resistività) significa che la vernice applicata frena molto bene la penetrazione di acqua e aria pure o contaminate con sali, acidi, sostanze alcaline e altro.

Di seguito un esempio:

Se dopo 24 ore di prova i dati risultati sono

  • +0,21V e 3,16X1010

Significa che il film resiste molto bene alla corrosione. Se poi si volesse creare una corrispondenza con la prova di nebbia salina, la seconda lastrina verniciata come la prima sottoposta al Metodo Acet deve essere attesa dopo 1500 ore con 2 mm di corrosione all’intaglio, ovvero dopo due mesi e qualche giorno.

Conclusione

Perché attendere due mesi quando il Metodo Acet fornisce risultati analoghi in sole 24 ore?

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