Verniciatura Industriale 683

EDITORIALE VERNICIATURA INDUSTRIALE 683

Sedotti dall’autoreferenzialità

“L’arte di narrare si avvia al tramonto. Capita sempre più di rado d’incontrare persone che sappiano raccontare qualcosa come si deve […]. È come se fossimo privati di una facoltà che sembrava inalienabile, la più certa e sicura di tutte: la capacità di scambiare esperienze1”.

“Oggi la narrazione sembra correre un rischio opposto: non quello di scomparire per estinzione, ma quello di svanire per eccesso di “rumore narrativo” e di abuso: il rischio di degrado che corre la narrazione dipende dall’uso eccessivo e promiscuo che ne viene fatto nella vita pubblica. La storia è entrata nell’orbita del linguaggio politico e del branding aziendale. I media strombazzano storie ovunque, come se fosse l’unica forma di comprensione rimasta nella nostra civiltà2”.

Lo aveva già capito Walter Benjamin (filosofo, scrittore, critico letterario e traduttore tedesco) nel suo saggio Il narratore (1936), che qualcosa stava cambiando nell’arte del narrare. Soprattutto nella concezione epistemologica di questo mestiere e soprattutto per cause legate agli avvenimenti storici dell’epoca, alla Grande guerra.

A distanza di molti decenni questo cambiamento è confermato da Peter Brooks nel suo libro Trame del 1997 e in particolare nella citazione proposta, in cui il critico allerta il lettore sull’uso ma soprattutto sull’abuso che oggi si fa delle storie, della narrazione.
Un incipit inusuale, che però colloca anche noi, editori tecnici, in questa situazione di rischio, da cui cerchiamo quanto più possibile di prendere le distanze (fintanto che l’etica riesca a imporsi sulle logiche di mercato). Una situazione che rileviamo quotidianamente scorrendo social, caselle mail, newsletter ecc.

Quante volte, leggendo una comunicazione aziendale, infatti, ci imbattiamo in asserzioni come “leader di mercato” o simili? Queste parole, magari anche vere, sono ormai abusate e si accumulano in comunicati stampa, brochure, siti web e social network senza aggiungere alcun valore concreto al soggetto, che viene spogliato della sua peculiarità, rivestito di autoreferenzialità e dato in pasto a un pubblico che leggerà le stesse cose riguardo altri 100, 1000, 10000 realtà. Quale sarà il suo criterio di scelta?

Se c’è una certezza nel nostro settore è che chi legge una rivista tecnica ha bisogno di informazioni che rispondano a bisogni reali: dati, numeri, casi studio che raccontino come una tecnologia abbia realmente migliorato un processo produttivo, ridotto scarti, aumentato l’efficienza o la sostenibilità e altro. Informazioni che arricchiscano, che aiutino a prendere decisioni, non narrazioni autoreferenziali.

Parlare solo di sé informa senza comunicare.

Il nostro compito come rivista tecnica è chiaro: dare spazio a contenuti di valore. Casi studio, approfondimenti tecnici, testimonianze di chi ha testato e applicato soluzioni reali.
Offrire concretezza non è solo una missione, ma quasi una sfida controcorrente, in un panorama in cui è più facile specchiarsi che guardare oltre: occorre grande sforzo e perseveranza.

Su questo, cari lettori, vi invitiamo a riflettere.

1 W. Benjanim, Il narratore, in Id, Angelus Novus, Einaudi, Torino 1962, p. 247
2 P. Brooks, Trame, Einaudi, Torino 2004, p. 68