Due interviste di notevole contenuto pubblicate recentemente sulle pagine delle nostre riviste, una di Francesco Goi (Tecnofirma) e una di Sabino Di Pierro (Fismet) hanno suscitato un nuovo interesse sui temi del lavaggio industriale, sia in fase interoperazionale sia di finitura. Una nuova linfa tecnologica, dopo qualche anno poco interessante in cui sono state ripresentati, “riverniciati” via marketing terminologico i noti sistemi di lavaggio generalista a mezzo solventi, spesso aggiungendovi il rischio dell’infiammabilità

Ricapitoliamo, per comodità del lettore, i punti salienti delle due interviste:
Francesco Goi – la cui azienda ha perseguito lo sviluppo di tecnologie di lavaggio per ambiti industriali dove i risultati – la qualità del lavaggio – sono rigidamente specificati (per esempio, motori a combustione, elettrici e, in quest’ultimo caso, piattaforme di contenimento e protezione delle batterie) – vede due ambiti di sviluppo paralleli. Da un lato, lo sviluppo via scalabilità delle tecnologie a base acquosa oggi ampiamente diffuse in ogni ambito della motoristica. Pur essendo i motori elettrici di dimensioni ridotte rispetto a quelli termici, il “serbatoio” energetico è invece di dimensioni molto superiori e richiede, per motivi di sicurezza e affidabilità (evitare i corto circuiti dovuti a residui di contaminanti), conformità a elevatissimi e misurabili livelli di pulizia. Le tecnologie integrate nelle isole ad alta automazione di Tecnofirma (fig. 1) sono dunque reingegnerizzate al fine di garantire una qualità di lavaggio pari o superiore, applicate a pezzi di dimensioni molto maggiori.
Dall’altro lato, in particolare quando si progettano nuove linee di produzione, è possibile progettare sistemi che utilizzano sistemi di lavaggio ad aria ad alta pressione. In questo caso l’azienda dispone di tecnologie specificamente progettate per ottenere la conformità agli standard di pulizia richiesti, che richiedono, in questo caso, lo stretto coordinamento con i differenti attori coinvolti nel processo integrato a monte e a valle della fase di lavaggio.

Sabino Di Pierro – la cui azienda produce sistemi di lavaggio a base acquosa e CO2, e dispone di un centro servizi di lavaggio per conto terzi (fig. 2) – insiste sull’approccio tecnologico al tema del lavaggio industriale (e, per quanto riguarda l’uso della CO2, anche consumer, le lavanderie di capi d’abbigliamento e tessuti). In particolare sottolinea come sia necessario che anche la fase di lavaggio sia gestita in base allo studio e ai risultati di laboratorio (dunque i risultati misurabili ed effettivamente misurati). Il concetto è quello del clinic washing, il lavaggio come cura “clinica” alla “malattia” della superficie, la sua contaminazione, applicabile in cascata, dai massimi livelli richiesti per applicazioni medicali (paste organiche per la ricostituzione delle ossa, protesi), strumentazione per la produzione alimentare e cosmetica (stampi, per esempio), componentistica elettronica ed elettrica, a quelli più “industriali”, comunque sempre al livello, misurato, ritenuto accettabile per ogni applicazione caratteristica.

Una terza linea di sviluppo del lavaggio industriale moderno è quella che da tempo propone Ciro Poggioli (STS), una chimica sostenibile, dal punto di vista ambientale, costituita da una gamma di agenti acquosi a base di bicarbonati, senza tensioattivi, operante per separazione istantanea del contaminante rimosso dalle superfici, che viene rimosso con azione meccanica, dunque non soggetto al progressivo inquinamento, tipico dei detergenti tensioattivati. Anche in questo caso l’efficacia dell’agente sgrassante si ottiene mediante azione meccanica specifica – l’azienda ha sviluppato apposite macchine di lavaggio per sfruttare le caratteristiche tipiche del formulato a base bicarbonati – il cui risultato viene misurato periodicamente per garantire l’ottenimento del risultato desiderato.

Nei tre casi sopra sintetizzati le aziende sottolineano la necessità di misurazione dei risultati. È un’esigenza tecnica attuale, date le specifiche esistenti per le applicazioni più critiche, che è stata estesa anche alle applicazioni più industriali, fondamentalmente per dare evidenza dei risultati che si raggiungono utilizzando sistemi sostenibili ad alto contenuto tecnologico, a fronte dell’uso ancora diffuso dei sistemi generalisti a base solventi di cui abbiamo accennato all’inizio, inteso “generalisti” come processi dove la misurazione del risultato viene effettuato empiricamente o non effettuato affatto (fig. 3).

Nell’ultimo periodo si sono aggiunte al nuovo corso del lavaggio nuove proposte tecnologicamente promettenti, per esempio la tecnologia denominata dal suo promotore, Plasmatreat, HydroPlasma.
L’azienda di origine tedesca, «leader mondiale nella tecnologia al plasma a pressione atmosferica – spiega Corinna Hokamp, la responsabile comunicazione di Plasmatreat – amplia il suo portafoglio tecnologico con questa soluzione innovativa per la rimozione delicata, intensiva ed efficiente di contaminanti ostinati dalle superfici di vetro e metallo. Questa tecnologia avanzata combina i vantaggi comprovati della tecnologia Openair-Plasma con la reattività chimica dell’acqua, stabilendo nuovi standard nella preparazione delle superfici per le successive fasi di produzione.
In molti settori ad alta tecnologia – continua Corinna Hokamp – come quello automobilistico, elettronico, aerospaziale e medico, la pulizia delle superfici è un fattore critico di successo. Anche la più piccola contaminazione può compromettere l’adesione nei processi successivi come l’incollaggio, la stampa, la verniciatura o il rivestimento, mettendo così a rischio la qualità e l’affidabilità del prodotto finale. La tecnologia che abbiamo messo a punto offre un’alternativa affidabile ed efficiente funzionante completamente senza sostanze chimiche, utilizzando solo aria compressa, elettricità e acqua (fig. 4). Migliora l’efficacia della collaudata tecnologia Openair-Plasma consentendo di eliminare non solo i contaminanti organici ma di rimuovere anche i residui inorganici, come le impronte digitali. È una soluzione avanzata offre alle aziende un’alternativa altamente efficace ed efficiente in termini di risorse ai metodi di pulizia convenzionali. Permette di eliminare oli, grassi, sali, utilizzando acqua ionizzata via plasma, senza usare altre sostanze chimiche e nel rispetto dell’ambiente. Il processo di pulizia si basa sull’iniezione diretta di acqua nell’area dove viene creato un plasma mediante arco ad alta tensione [a pressione atmosferica, dunque senza la necessità di generare vuoto, ndr]. In questo passaggio l’acqua viene ionizza e trasformata in un getto altamente reattivo. Un ugello appositamente progettato dirige il getto sulla superficie del substrato che si deve trattare. Le molecole d’acqua ionizzate – continua Corinna Hokamp – hanno un effetto pulente paragonabile a quello di un detergente acquoso caldo, sciogliendo e rimuovendo in modo affidabile tutti i contaminanti. È un’evoluzione dei sistemi a plasma atmosferico Openair-Plasma – già utilizzato per rimuovere i contaminanti più leggeri da supporti di differente natura, metalli, vetri, polimeri. Oltre all’effetto pulente, la tecnologia permette l’aumento della tensione superficiale del supporto, rendendo i materiali più bagnabili e creando condizioni ottimali per i processi successivi (incollaggio, verniciatura, stampa, sigillatura, altri tipi di rivestimento). Per le applicazioni in cui l’Openair-Plasma da solo non è sufficiente – tipicamente quando il contaminante contiene sostanze inorganiche o la superficie risulta contaminata da grandi quantità di oli e grassi, HydroPlasma è una soluzione potente, mantenendo la caratteristica sostenibilità del sistema Openair-Plasma: entrambi sono processi privi di VOC, non utilizzano sostanze chimiche dannose per l’ambiente, sono sicure per l’ambiente di lavoro e aiutano le aziende a ridurre la loro impronta di carbonio.
HydroPlasma è particolarmente adatto alle industrie con alti requisiti di pulizia e può essere integrato nei processi produttivi e nei sistemi Plasmatreat esistenti. Il processo è estremamente flessibile e può essere utilizzato per processi industriali come la produzione di batterie o applicazioni nell’industria elettronica. Originariamente sviluppato per la pulizia dei metalli e del vetro – conclude Corinna Hokamp – HydroPlasma dimostra i suoi vantaggi anche nel settore della plastica. L’effetto di raffreddamento dell’acqua di alimentazione riduce al minimo il rischio di danni termici alle superfici sensibili, consentendo una pulizia delicata ma efficace».

Ti potrebbero interessare...
Facci sapere cosa ne pensi...
0 0 voti
Quanto ti è piaciuto l'articolo?
Attiva le notifiche ai commenti
Invia una mail quando ci sono nuovi commenti

0 Commenti
Meno recenti
Più recenti Più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti