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Nel passato la protezione della corrosione metallica veniva affrontata tenendo conto di bloccare la movimentazione elettronica diretta della naturale dissoluzione dei metalli (l’acciaio ha un potenziale di ossidazione con un voltaggio di -0,44 volt; l’alluminio di -1,67 V; lo zinco di -0,762 V) grazie alla movimentazione elettronica creata dallo scioglimento dei metalli

Fe ——————— Fe ++ + 2 e-

Al ——————— Al +++ +3 e-

e facendo reagire il metallo con pigmenti appropriati tipo fosfati, cromati, ossidi di piombo e altro.

Più recentemente, quando si è capito che i processi di corrosione sono dovuti quasi tutti a fenomeni elettrochimici, sono stati associati all’azione di cellule galvaniche -anodo e catodo- che trasformano l’energia chimica e energia elettrica.

Si è affrontata anche la fase di protezione catodica, utilizzando un metallo meno nobile del ferro per farlo ossidare al suo posto, lasciando integra la superficie ferrosa: si tratta dei noti zincanti, che ancora oggi si utilizzano come primer di successo, anche se esiste qualche remora al loro utilizzo in quanto si sostiene che la polvere di zinco sia pericolosa per la salute.

Così fino ad oggi il mercato dell’anticorrosione metallica aveva una sua accettata dimensione commerciale, perché il ciclo zincante/intermedio/finitura (150-200 micron di spessore totale) dava una sua durabilità, in genere fino a 15 anni, con durata garantita fino a 10 anni.

Tuttavia, con l’aggiornamento della norma ISO 12.944 del 2018 le cose stanno notevolmente cambiando, soprattutto perché si è voluto ufficializzare la durabilità di un ciclo anticorrosivo di oltre 25 anni, rovinando la fase dei metodi di controllo fino ad oggi accettati dal mercato, come le prove di resistenza protettiva alla nebbia salina.

Oggi infatti non esistono metodi concreti di prova che possano stabilire durabilità di queste portate: si parla di 6 mesi di prova continua in nebbia salina (4.200 ore), cosa commercialmente impossibile da seguire.

Si sta però studiando la relativa prospettiva, utilizzando con il Metodo Acet di prova della norma ISO 17.463 vernici termoplastiche di identica formulazione a quelle applicate concretamente nel passato del mercato mondiale, che abbiano superato indenni 25 e più anni di esposizione in qualsiasi tipo di ambiente esterno.

È da sperimentare la prova di resistenza alla corrosione con il Metodo Acet, perché in sole 24 ore potrebbe far prevedere la notevole durabilità di questa verniciatura, tenuto conto dei risultati in volt e ohm, che sono caratteristici della corrosione metallica, come fenomeno elettrochimico.

Protezione della corrosione metallica

Gli sviluppi dell’anticorrosione nella durabilità di oltre 25 anni in accordo con la norma ISO 12.944:2018

Le polveri termoplastiche nella protezione anticorrosiva di tubazioni per trasporto di oil&gas

Innovazione e sostenibilità: il webinar

Le alternative al fenomeno della corrosione e le prove pratiche per la verifica dei prodotti vernicianti

Verifica delle prove di durabilità anticorrosiva

Soluzione di resistenza anticorrosiva

Le polveri termoplastiche come valido aiuto per l’aumento della durabilità della verniciatura anticorrosiva

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