Il punto di vista di Fabio Potestà

Pubblichiamo di seguito l’editoriale di Fabio Potestà, direttore responsabile della rivista Sollevare, e organizzatore di alcune manifestazioni fieristiche specializzate che si tengono a Piacenza, in occasione di una fiera internazionale del settore edilizio, tra le più rilevanti a livello europeo.

Sebbene l’evento sia ormai passato (si tiene con cadenza triennale nel mese di aprile), riteniamo che l’editoriale offra una riflessione lucida e attuale su alcune dinamiche che caratterizzano lo stato delle nostre aziende, di qualunque settore. In particolare, l’autore mette in luce abitudini consolidate e pregiudizi diffusi, specialmente in Italia, dove spesso si tende a idealizzare il mercato tedesco a discapito di altre opportunità commerciali e strategiche.
Per mantenere il focus sui contenuti dell’analisi, abbiamo scelto di sostituire ogni riferimento diretto alla fiera specifica con il termine più generico “fiera internazionale”, evitando così che il lettore venga distratto dal contesto e colga appieno i temi centrali del testo.

«La fiera internazionale è alle porte ed è inevitabile parlarne, anche in questa sede di dibattito sempre attuale e lontano dall’ovvio. Perché ci teniamo a fare questa premessa? Perché, semplicemente, come cronisti della realtà – industriale, nel nostro caso, ma non solo – abbiamo il dovere di non cedere al luogo comune. E il luogo comune non vede al di là del proprio naso, oltre all’abitudine a frequentare e incensare rituali pubblici che andrebbero collocati in una luce più critica e veritiera. La nostra industria è ormai a un bivio. Con l’incubo contingente dei dazi americani – in risposta, va detto sinceramente, alla miopia dell’Unione Europea – e l’illusione di un ritorno in forze, permanente, dei mercati interni nazionali, ci rendiamo conto che l’export sofferente dei prodotti made in Italy può portarci in un territorio molto insidioso. La prova della fiera internazionale costituirà una cartina di tornasole, a questo riguardo: le aziende italiane espositrici sapranno proporre nuovi prodotti in grado di competere con la concorrenza agguerrita dei nuovi attori industriali che arrivano da Oriente e dai paesi emergenti? E quale pubblico di buyer specializzati ci troveremo di fronte? La partecipazione all’evento sarà significativa e sufficiente a ripagare degli sforzi di investimento dedicati alla fiera? Nelle scorse edizioni della fiera internazionale il Green Deal applicato al cantiere e alle macchine di costruzione ha costituito il leitmotiv generale del dibattito tecnologico. Sarà ancora così, in questa edizione 2025, con spettro di rinvii e fallimenti industriali legati proprio alla “chimera elettrica” inseguita senza criterio e ai ritardi di sviluppo delle stesse infrastrutture sostenibili? Che la fiera internazionale sarà, quella del 2025 di una Germania, tra l’altro, in piena crisi di identità, in un continente frastornato dai bradisismi geopolitici? Vorremmo che fosse la fiera internazionale del realismo tecnologico, dell’innovazione più autentica (e non idealistica), della fiera di riferimento per novità di prodotto geniali e assolutamente inedite e utili. Di certo, non quello dello stanco esibizionismo quantitativo di linee produttive ovvie e replicate all’infinito. Servirebbe una fiera internazionale di nuove idee, soprattutto, e di nuove generazioni responsabili e capaci. Non una fiera della vanità e delle celebrazioni, ma una piazza vitale e concreta, che porti nuova linfa alla volontà di rivalsa dell’Europa che crea, produce e indica ancora la strada del cambiamento».

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