
Ci spieghi il suo ruolo in termini pratici e due aspetti che più la entusiasmano nel lavoro che svolge quotidianamente
Nicoletta Scavini: All’interno di Savim Europe mi occupo di tre ambiti che considero fondamentali per la salute dell’azienda: la gestione delle risorse umane, i sistemi qualità e la sicurezza. Seguo la selezione, la formazione e il benessere delle persone, coordino l’implementazione dei sistemi ISO e curo la prevenzione e la sicurezza in azienda. Inoltre, come membro del Consiglio di Amministrazione, partecipo alle decisioni strategiche che riguardano il presente e il futuro di Savim.
Ciò che più mi entusiasma nel mio lavoro è, da un lato, la possibilità di avere un impatto concreto sul clima interno: lavorare per costruire un ambiente in cui le persone si sentano valorizzate e motivate è una delle mie sfide più sentite. Dall’altro, apprezzo molto la dimensione etica e sistemica del mio ruolo: sapere che un sistema qualità ben gestito o un piano sicurezza ben fatto non sono solo buone pratiche, ma strumenti per proteggere vite e generare fiducia, mi dà una spinta profonda. Mi piace pensare che, anche se spesso lavoro “dietro le quinte”, ciò che faccio contribuisce in modo essenziale al funzionamento armonioso dell’intera organizzazione.
Marina Scavini: Il mio ruolo è quello di guidare l’azienda nel suo sviluppo strategico, con uno sguardo ampio e integrato. Come Cfo, mi occupo di prendere decisioni che impattano sull’organizzazione nel suo complesso: dalle scelte produttive agli investimenti, fino alla sostenibilità economica e alla visione futura dell’impresa. La parte finanziaria rientra a pieno titolo tra le mie responsabilità quotidiane.
Uno degli aspetti che mi entusiasma di più è la possibilità di costruire ponti tra il passato e il futuro dell’azienda: custodire l’eredità familiare, i valori su cui siamo nati, e allo stesso tempo spingerci verso l’innovazione, l’internazionalizzazione, l’apertura a nuove visioni. È una tensione creativa continua, che richiede coraggio, ascolto e capacità di scegliere. Il secondo aspetto che considero fondamentale è la connessione con il mondo esterno: l’azienda non è mai un’entità isolata, ma parte di un ecosistema più ampio. Intercettare stimoli, cambiamenti, nuovi bisogni è ciò che ci consente di innovare davvero. E in questo, i rapporti con il territorio, le istituzioni e le realtà con cui collaboriamo sono una risorsa preziosa.
Luciana Vignoli: Come titolare di una piccola azienda il mio ruolo spazia a 360 ° su ogni aspetto, mi occupo di gestire e supervisionare ogni fase produttiva, dell’intermediazione con i clienti, di supervisionare gli acquisti e le forniture – dal preventivo alla fattura dalla sicurezza alla qualità. L’entusiasmo ci deve essere in tutto, è come veder crescere un figlio; ci si emoziona con le prime parole e si piange per le notti insonni.
I rapporti umani che si instaurano con i clienti contribuiscono a rendere le giornate meno pesanti. Per me non sono solo fornitori, ma veri e propri collaboratori. Li affianco nella risoluzione dei loro problemi e nella gestione del rapporto con il personale. I miei collaboratori, a loro volta, sostengono e apprezzano il loro lavoro.
Martina D’Alessandro: Il mio ruolo è process engineer specialist: sono ingegnere di processo area verniciatura presso lo stabilimento Italcoat di Pignataro Maggiore. Mi occupo quotidianamente di seguire il processo e le lavorazioni che si svolgono sulle tre linee di verniciatura dello stabilimento, al fine di standardizzare, risolvere le problematiche più rilevanti, ottimizzare i processi produttivi e indirizzarli verso il rispetto degli standard qualitativi richiesti dal cliente. Senza dubbio posso dire che due sono gli aspetti più entusiasmanti del ruolo: il primo è il contatto diretto con la fabbrica, il secondo è l’approccio multi-area dello stesso. Mi spiego: il contatto diretto con la produzione è fondamentale per arricchire la conoscenza degli impianti e dei processi produttivi. Toccare con mano le singole problematiche e mettere sé stessi al fianco delle maestranze per comprendere le difficoltà all’ordine del giorno sono i primi passi per poter standardizzare ed ottimizzare i processi. Risulta normale ritrovarsi a condurre un impianto insieme agli operatori o effettuare setup insieme a loro per indirizzarli sul da farsi e studiare al meglio i singoli punti critici. Per quanto riguarda l’approccio multi-area invece, l’ingegnere di processo spazia in diversi ambiti: dalla produzione, alla manutenzione, all’approvvigionamento, alla qualità e alla schedulazione. Approcciarsi a tutte queste aree può essere impegnativo, ma è anche estremamente gratificante. Permette infatti di interagire con tutti i membri del team e di mantenere sempre una visione completa e aggiornata della situazione.
Com’è la sua routine professionale?
Nicoletta Scavini: La mia routine è molto varia: una delle cose che più apprezzo del mio lavoro è proprio il fatto che ogni giornata porta con sé nuove situazioni da affrontare. Ci sono momenti più operativi – come gli incontri con i referenti interni per la gestione della formazione, i sopralluoghi negli impianti per le verifiche di sicurezza, o i controlli legati agli audit ISO – e momenti più strategici, legati alla pianificazione delle risorse o alla definizione delle politiche aziendali.
Come madre di due figli – una ragazza di 13 anni e un bimbo di 10 – ho imparato a organizzare il mio tempo con grande attenzione. Conciliare una posizione manageriale con la vita familiare richiede equilibrio, capacità di delega e una buona dose di flessibilità. Ma non è impossibile, anzi: credo che essere madre mi abbia insegnato competenze che porto ogni giorno anche nel lavoro, come l’ascolto, la mediazione e la gestione delle priorità.
Spesso inizio presto la mattina per avere un po’ di concentrazione prima che cominci la parte più “interattiva” della giornata, poi cerco di tenere uno spazio dedicato alla famiglia nel tardo pomeriggio o alla sera, anche se capita di dover recuperare qualche attività più tardi. La mia agenda è un incastro continuo tra riunioni, documentazione, confronto con la direzione e momenti di ascolto con colleghi e collaboratori. Il filo conduttore però resta sempre lo stesso: mettere le persone al centro, tutelare il loro valore e sostenere il loro sviluppo all’interno di un’organizzazione che vuole essere sempre più consapevole e responsabile.
Marina Scavini: Ogni mia giornata è un mosaico di attività molto diverse tra loro, ma tutte legate da un filo comune: la responsabilità di tenere insieme visione e concretezza. Al mattino inizio con un’occhiata ai dati – andamento dei progetti, produttività, margini – perché la dimensione finanziaria è la bussola che ci orienta e ci aiuta a prendere decisioni fondate. Poi mi dedico ai confronti con i vari team aziendali: ingegneria, produzione, qualità, commerciale… mi piace mantenere un contatto diretto con ogni area, per avere il polso della situazione e per trasmettere in modo chiaro gli obiettivi. Spesso sono coinvolta in momenti di rappresentanza esterna: incontri con partner strategici, associazioni di categoria, eventi sul territorio. Questo tipo di relazioni istituzionali non sono solo una parte del mio ruolo, ma anche un’opportunità per leggere meglio il contesto, intuire dove si muove il mercato, e posizionare Savim in modo coerente rispetto a ciò che accade intorno a noi. Non c’è una giornata uguale all’altra, e questo è parte del fascino del mio lavoro. Ma al centro resta sempre la capacità di tenere insieme visione, persone e valori, costruendo una direzione chiara e condivisa per l’azienda.
Luciana Vignoli: L’azienda copre la maggior parte del mio tempo, nelle ore di produzione mi occupo delle fasi lavorative, rispondere alle richieste di clienti fornitori e addetti, mi prendo le ore di fermo produzione per tirare le somme, gestire le varie documentazioni, la contabilità e approfondire le mie conoscenze, c’è sempre qualcosa da leggere, studiare e imparare.
Martina D’Alessandro: La mia routine professionale mi porta ogni giorno a contatto con l’ambiente produttivo, svolgendo una duplice attività di risoluzione dei problemi sul campo per ottimizzare i principali parametri produttivi (resa, scarti, produttività etc.) e di comprensione delle cause radici delle macro problematiche, per riportare poi al team di lavoro i temi principali su cui concentrarsi e discutere delle soluzioni a lungo termine.
Non è un lavoro per donne. È un cliché o ritiene che sia effettivamente la realtà?
Nicoletta Scavini: È un cliché. Uno di quelli che, purtroppo, ancora resiste in certe mentalità, ma che la realtà quotidiana smentisce sempre più spesso. Lavoro in un settore tecnico e produttivo dove per lungo tempo la presenza femminile è stata minima, è vero. Ma oggi vedo una trasformazione in atto: le donne ci sono, e quando ci sono, lasciano il segno. In Savim, così come in molte altre realtà, le donne portano un contributo prezioso anche in ambiti considerati “maschili”, come la progettazione tecnica, la logistica o la produzione. E nei ruoli di coordinamento, spesso la sensibilità femminile nell’ascolto, nella gestione delle persone e nell’attenzione ai dettagli fa davvero la differenza.
Credo che il vero cambiamento passi dalla consapevolezza di tutti – donne e uomini – che la competenza non ha genere. Quando ci liberiamo da queste etichette, possiamo iniziare a lavorare davvero per il bene comune dell’azienda e della società.
Marina Scavini: Ogni volta che sento dire “Non è un lavoro per donne” sorrido, perché è davvero un cliché superato. Lo dico per esperienza diretta: è vero che il settore dei trattamenti di superficie è stato tradizionalmente a predominanza maschile e in passato ho dovuto affrontare qualche pregiudizio. Ma la realtà che vivo quotidianamente dimostra che la competenza e la passione non hanno genere; mi sono guadagnata il rispetto sul campo, dimostrando con i fatti di poter gestire progetti complessi e prendere decisioni importanti esattamente come i miei colleghi uomini. Oggi vedo sempre più donne emergere in ruoli tecnici e manageriali in questo ambito, e tutte contribuiscono con professionalità e idee innovative. Quindi sì, quell’affermazione è decisamente un luogo comune: ogni persona – donna o uomo – che abbia preparazione e determinazione può avere successo nel nostro settore. Anzi, la diversità di prospettive che le donne portano è un valore aggiunto, perché arricchisce il modo in cui affrontiamo problemi e troviamo soluzioni.
Luciana Vignoli: Le prime volte che mi presentavo dai clienti (mondo metalmeccanico prettamente maschile) ero sempre inquadrata come la “segretaria”. Mi sono divertita moltissimo nel vedere le loro espressioni quando mi indicavano come titolare. Spesso viene ricercata la figura maschile per il confronto tecnico ma la questione si risolve subito quando si dà il consiglio corretto, la soluzione al momento giusto e a quel punto non sei più giudicata come donna ma come professionista.
Martina D’Alessandro: Non ritengo affatto che le donne non siano in grado di svolgere un lavoro del genere. Il fatto che non siamo abituati a vederne in tali ruoli non significa che non abbiano la stoffa per emergere, anzi, è esattamente il contrario. Sicuramente tale pensiero è un retaggio della vecchia scuola, avendo lavorato in produzione fin dal primo impiego, ho sentito commenti meravigliati in merito al ricoprire posizioni di tal tipo, specialmente per una figura femminile e giovane. Non bisogna dare peso ma continuare a seguire la propria strada e trovare la forza per essere se stessi e fare ciò che si desidera con professionalità e voglia di crescere, imparare e migliorare.
Se potesse tornare indietro nel tempo, quale consiglio darebbe a lei stessa degli inizi?
Nicoletta Scavini: Se potessi tornare all’inizio della mia carriera, darei a me stessa un consiglio semplice ma importante: abbi più fiducia in te stessa. Ricordo che da giovane professionista, in un mondo dove spesso ero l’unica donna in riunione, a volte mi sentivo in dovere di faticare il doppio per essere presa sul serio. Il mio consiglio sarebbe di non lasciarti intimorire: le competenze che hai hanno valore, e le tue idee meritano spazio. Mi direi inoltre di essere curiosa e di continuare a formarti senza sosta, perché la conoscenza è il tuo alleato più forte. E soprattutto, non avere paura di sbagliare: ogni errore è un’opportunità per imparare. Guardando indietro, mi rendo conto che le sfide affrontate con coraggio e perseveranza sono state quelle che mi hanno resa la professionista che sono oggi, quindi mi incoraggerei a osare di più fin dall’inizio, cercando anche mentori e colleghi con cui confrontarmi, perché nessuno cresce da solo. Un altro consiglio è quello di non rinunciare mai a ciò che ami fuori dal lavoro. Per me, costruire una famiglia è sempre stato importante quanto la crescita professionale, e non ho mai voluto scegliere tra le due; ho dovuto organizzarmi, chiedere aiuto, cambiare ritmi – ma non ho mai smesso di credere che fosse possibile.
Marina Scavini: Le direi: “non devi avere tutte le risposte subito. Fidati del processo, e soprattutto fidati di te”. Quando si inizia, soprattutto in contesti dove ci si sente “diverse” o sottovalutate, è facile credere di dover dimostrare tutto e subito; invece, il tempo, l’esperienza e la perseveranza sono grandi alleati. Infine, le ricorderei che anche i momenti di dubbio o di fatica sono parte del cammino. Che ogni ostacolo può diventare un’opportunità di crescita. E che quando lavori con integrità, rispetto e determinazione, i risultati – e la stima degli altri – arrivano.
Luciana Vignoli: Sono stata abituata a lavorare nelle aziende di famiglia fin da piccola, mi resta difficile immaginare di non mettere tutta me stessa in quel che faccio, il consiglio che mi darei e che mi do tutt’oggi è quello di non pensare che tutti facciano come me. Ogni tanto dubitare sulla buona fede delle persone non sarebbe sbagliato – anche se, metterlo in pratica, non mi riesce bene!
Martina D’Alessandro: Sicuramente consiglierei a me stessa di non perdermi mai d’animo e di non avere fretta di fare, ma di concedere il giusto tempo alla fondamentale parte di apprendimento (che in realtà non finisce mai). Inoltre consiglierei di cogliere sempre le opportunità e di cercare sempre di lavorare con grande passione. Penso sia quella il motore che spinge al miglioramento e alla intraprendenza.
Vuole dare un suggerimento alle nuove generazioni, in particolare donne, che desiderano intraprendere un percorso in questo settore? Come si potrebbe accelerare l’integrazione?
Nicoletta Scavini: Il mio consiglio è: non lasciate che siano gli altri a definire cosa potete o non potete fare. Se questo settore vi appassiona, se vi incuriosiscono la tecnica, i processi, il mondo industriale, seguite quella strada. Cercate la vostra voce, formatevi con serietà, e portate il vostro sguardo: c’è bisogno di nuove energie e nuove sensibilità.
Alle giovani donne direi anche: costruite reti, cercate figure di riferimento, non abbiate paura di farvi avanti. Le aziende hanno bisogno di persone capaci di guardare alle cose con prospettive diverse, di mettere insieme metodo e visione, di guidare con empatia. Per accelerare l’inclusione, dobbiamo agire su più piani: cultura aziendale, educazione, politiche di welfare e modelli organizzativi più flessibili. Ma soprattutto, dobbiamo continuare a raccontare storie come queste – storie di donne che stanno già contribuendo in modo attivo e competente al settore. Solo così possiamo ispirare chi verrà dopo di noi e costruire ambienti di lavoro dove tutte e tutti possano sentirsi liberi di dare il meglio.
Marina Scavini: Alle ragazze e ai ragazzi che vogliono entrare nel mondo dei trattamenti di superficie dico di seguire la loro passione senza farsi condizionare dai vecchi stereotipi. In particolare alle giovani donne: il settore ha bisogno di voi, della vostra creatività e preparazione. Non pensate che esistano lavori “da uomini” e “da donne”: esistono professionalità, impegno e talento, e questi non dipendono dal genere. Consiglio di costruirvi una solida formazione tecnica – oggi esistono percorsi di studio eccellenti in ingegneria, chimica, materie scientifiche – e di cercare esperienze sul campo. Anche partecipare a stage o aderire a iniziative come questa, che mettono in rete professioniste affermate e nuove leve, può fare la differenza.
Per accelerare l’integrazione credo siano fondamentali sia l’esempio che la collaborazione: più donne raggiungono posizioni di rilievo e visibilità nel settore, più diventano modelli positivi per le nuove generazioni. Dall’altro lato, le aziende e le associazioni dovrebbero promuovere una cultura inclusiva, incoraggiando la diversità nei team e offrendo opportunità di crescita a tutti i talenti. Solo così si potrà normalizzare la presenza femminile in questi ruoli: mostrando concretamente che competenza e passione aprono tutte le porte, indipendentemente dal genere.
Luciana Vignoli: Ho fatto fatica ad integrare delle ragazze in azienda, ma alla fine ci sono riuscita. All’inizio non piaceva l’idea di integrare personale femminile ma, dopo aver trovato le persone giuste, sono riuscita ad abbattere la barriera. Un piccolo passo che mi rende molto orgogliosa. Le ragazze di oggi sono molto più preparate di quanto lo eravamo noi nell’affrontare i mondi lavorativi prettamente maschili, sono determinate e spesso più volenterose nell’apprende e nel voler crescere. Dico loro di non spaventarsi, cercare di amare il proprio lavoro e mettercela tutta per crescere e migliorare; le donne, se vogliono, hanno la facoltà di rendere gli ambienti lavorativi più armoniosi, se riescono a utilizzare questa arma prettamente femminile possono avere grandi risultati.
Martina D’Alessandro: Vorrei dare questo semplice consiglio: non abbiate paura di intraprendere questo percorso. Mentirei se vi dicessi che la strada è tranquilla, credo che non lo sia mai, in nessun ruolo. La produzione e il processo sono sicuramente mondi difficili, ma non perché siano legati a un genere: uomini o donne non fa differenza. Produzione significa mettersi in discussione e in gioco ogni giorno, avere voglia di impegnarsi a fondo, di risolvere problemi e di lavorare a stretto contatto con il team perché dalla collaborazione nasce la forza per oltrepassare anche le giornate senza fine e senza sosta.
Non abbiate paura di sentirvi inadeguati solo perché siete giovani, non abbiate paura di non essere all’altezza perché siete donne, combattete per i vostri sogni ed i vostri obiettivi; una citazione meravigliosa recita: “i miei sogni sono irrinunciabili, sono ostinati, testardi, resistenti”. Lavorate sempre con passione e curiosità, chiedetevi il perché delle cose, sovvertite l’ordine presente perché chi lo dice che “finora abbiamo sempre fatto così”? Non abbiate timore di sentirvi derisi o sottovalutati: impegnatevi per capire, per imparare e per espandere i vostri orizzonti e così avrete la padronanza necessaria a fronteggiare anche le situazioni più difficili. Createvi un team di colleghi e alleati che vi supportino nel vostro processo di crescita e vi aiutino nella risoluzione dei problemi: il supporto della squadra è il l’asso vincente per poter progredire, maturare e acquisire consapevolezza.
Probabilmente per accelerare l’integrazione servirebbe semplicemente una liberazione da quei cliché retaggio di una arcaica cultura. Trovo comunque molto interessante l’organizzazione di iniziative di confronto tra donne nel mondo del lavoro (tipo women empowerment) perché la condivisione delle proprie esperienze arricchisce la consapevolezza di sé e del proprio ruolo in azienda. Ho avuto la possibilità in queste prime esperienze lavorative di venire a contatto con donne da ogni parte del mondo, America, Europa, Medio Oriente: mi sono confrontata con loro su vari temi quali l’organizzazione lavoro – famiglia, la paura di non farcela e di non essere considerate all’altezza, il raggiungimento di importanti obiettivi contro ogni pronostico. Ognuna mi ha raccontato la propria esperienza e io la mia a loro e credetemi: il confronto arricchisce la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità!